Si sta ritagliando un ruolo di rilievo tra le “bollicine” più blasonate il Lessini Durello, lo spumante derivato dall’uva autoctona Durella e prodotto sulle colline tra Verona e Vicenza. I primi sei mesi del 2013 infatti registrano una tendenziale crescita nelle vendite tanto che, abbandonata l’etichetta di vino di nicchia, il Durello si va sempre più affermando come vino giovane, fresco ed alternativo.
Dalle 500mila bottiglie del 2010 si è passate alle 624mila del 2012 con una crescita del 25% su tutta la doc, che dal 2012 – grazie allo sdoppiamento del disciplinare di produzione – comprende tre varietà: ferma, passita e spumantizzata. Quest’ultima è senz’altro la più apprezzata e, a sua volta, viene prodotta in due ulteriori varianti: metodo charmat (per il70% ) e spumante metodo classico (18%).
La zona di produzione del Durello è suddivisa tra le province di Verona e Vicenza, con 366 ettari sulle colline veronesi e 107 ettari su quelle vicentine. Coltivano l’uva Durella 428 viticultori, mentre 22 sono le aziende produttrici. Di queste 14 aderiscono al Consorzio di Tutela del Lessini Durello e sono: Az. Agr. Cecchin, Az. Agr. Fongaro, Az. Agr. Marcato, Az. Agr. Corte Moschina, Az. Agr. Sandro De Bruno, Cantina dei Colli Vicentini, Cantina di Gambellara, Cantina di Monteforte d’Alpone, Cantina di Soave, Cantina della Val Leogra, Cantina Fattori, Az. Agr. Montecrocetta, Az. Agr. Bellaguarda, Az. Agr. Antonio Franchetto.
«Quello attuale – sottolinea il presidente del Consorzio, Bruno Trentini – è senza dubbio il momento del Durello, un prodotto che è in grado di sposare i gusti dei consumatori, ma senza perdere mai la sua identità. Crediamo molto in questo prodotto, in particolare nella sua versione spumantizzata. Quello su cui dobbiamo ora impegnarci, a fronte della qualità produttiva raggiunta, è la promozione. Dobbiamo infatti lavorare per comunicare il Lessini Durello come un grande spumante della tradizione enologica italiana, un prodotto che sa fondere in sé la forza della novità ed l’orgoglio della sua storia».
Massimo Paccagnella
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