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C’era una volta il vino: l’industria vinicola europea è a un punto di svolta?

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All’inizio di dicembre, la Commissione europea ha approvato un piano di sostegno per il settore vinicolo, che sta affrontando condizioni economiche sfavorevoli e crescenti difficoltà strutturali. Sebbene significativo, questo piano affronta al momento solo una parte del problema, trascurando il calo dei consumi in Europa e le difficoltà legate all’export.

Dati chiave:

  • 35%: calo del consumo di vino in Europa dal 2000.
  • 60%: quota della produzione mondiale di vino rappresentata da Francia, Spagna e Italia.
  • 214 milioni di ettolitri: livello storicamente basso dei consumi globali previsto per il 2025.

Il piano di sostegno europeo: una risposta solo parziale

Il piano di sostegno si basa principalmente su sussidi per l’estirpazione permanente dei vigneti. In Francia saranno mobilitati 130 milioni di euro per finanziare l’estirpazione a un tasso di 4.000 euro per ettaro. Questa misura, applicata anche in Italia e in Spagna, mira a contenere l’offerta a fronte di una domanda in calo. Tuttavia, affronta solo in parte lo squilibrio strutturale del settore.

Un crescente squilibrio tra domanda e offerta

Negli ultimi dieci anni, la produzione e il consumo globali di vino sono diminuiti entrambi di quasi il 10%. Tuttavia, il calo è molto più marcato in Europa, dove i consumi sono diminuiti del 25% dal 2000. La Francia ha perso il suo status di primo produttore mondiale a favore dell’Italia e la domanda continua a diminuire. Entro il 2025, il consumo globale dovrebbe raggiungere un minimo storico di 214 milioni di ettolitri.

Crescenti difficoltà nelle esportazioni

I vini europei stanno incontrando forti ostacoli sui mercati internazionali. In Cina, il consumo di vino è diminuito di oltre il 60% dalla pandemia, mentre negli Stati Uniti nuove barriere doganali stanno complicando l’accesso al mercato per gli esportatori europei. Queste difficoltà nelle esportazioni stanno ulteriormente indebolendo un settore già sotto pressione.

L’attenzione sull’estirpazione maschera problemi strutturali

Il piano francese di estirpazione, che prevede il ritiro dal mercato di 1,5 milioni di ettolitri (solo il 10% dell’eccedenza di offerta stimata per il 2025), non può essere sufficiente per affrontare l’attuale squilibrio tra domanda e offerta. Inoltre, fa affidamento esclusivamente sulla riduzione della produzione per migliorare le condizioni del settore, ignorando la sfida rappresentata dal calo della domanda e dal cambiamento delle abitudini di consumo.

Concentrarsi sull’estirpazione oscura la necessità di un riposizionamento verso l’alto di gamma e le profonde disparità tra i produttori. I vini di fascia base, in particolare nel sud-est della Francia, devono far fronte a una concorrenza crescente da parte dei Paesi extraeuropei e a una domanda in calo, rendendo questa soluzione inadeguata a garantire la sostenibilità di lungo periodo del settore.

“La crisi che attraversa oggi il settore vinicolo europeo riflette uno squilibrio strutturale che va oltre la semplice riduzione dell’offerta – dichiara Pietro Vargiu, Country Manager Coface Italia –. «Il calo dei consumi, il cambiamento delle abitudini dei consumatori e le crescenti difficoltà sui mercati internazionali impongono alle imprese una profonda revisione delle strategie commerciali e di posizionamento. Per i produttori, in particolare quelli più esposti sulle fasce di prezzo più basse, diventa essenziale rafforzare la solidità finanziaria, diversificare i mercati di sbocco e gestire con attenzione il rischio di credito. In un contesto così complesso e volatile, la capacità di anticipare i rischi e proteggere la liquidità rappresenta un fattore chiave per garantire continuità operativa e sostenibilità nel lungo periodo.”

Simon Lacoume, economista di settore, afferma: «L’industria vinicola europea sta attraversando una crisi senza precedenti, caratterizzata da un persistente squilibrio tra domanda e offerta, difficoltà nelle esportazioni e concorrenza sui vini di fascia base. Le misure attuali, sebbene essenziali, non sono sufficienti a reinventare il settore in modo sostenibile».

Fonte: COFACE

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